IAIP – Internacional Association of Individual Psychology

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23th Congress of the International Association of Individual Psychology
POWER AND DIFFERENT FAMILY STRUCTURES. THE DIFFICULT RELATIONSHIP IN MIGRATION PROCESS
Anna Raffaella Belpiede Visti i limiti di tempo, sollevo delle aree di analisi solo per punti, e mi scuso per la schematicità che ne deriva Introduco,premettendo che dal mio angolo di lettura ogni società produce un modello di struttura familiare. Quando parlo di struttura familiare mi riferisco al tipo di organizzazione( mononucleare, famiglia di lignaggio, ecc), alle modalità di affiliazione familiare come rappresentazioni e come interazioni, alle relazioni di ruolo tra gli adulti, alle relazioni di genere e intergenerazionali, alla distribuzione e alle modalità di contrattazione del potere, ai modelli di trasmissione. Sottolineo che si tratta di aspetti che sono strutturati e convalidati dal contesto sociale d’appartenenza, ma sono aspetti che le persone hanno profondamente interiorizzato. Le strutture familiari come le società sono dinamiche, sono realtà in movimento, soprattutto nelle fasi di transizione della società, la loro stessa dinamicità, è in relazione alle trasformazioni e ai ritmi di trasformazione della società di appartenenza. Trasformazioni che possono essere determinate da molteplici variabili, economiche, sociali, politiche, culturali, identitarie, spesso presenti contemporaneamente. Come riferimenti a processi di trasformazioni conosciute, cito esempi noti, quali le trasformazioni nelle strutture familiari che si sono verificate in certe realtà occidentali dopo la rivoluzione industriale, e quelle che si verificano dopo perpetuati genocidi, o in secoli di apartheid, o nei processi migratori. Al contrario di diverse società del sud del mondo, le società occidentali, nell’epoca della modernità, per molteplici e complesse cause, hanno in atto processi accelerati di cambiamento delle strutture familiari. Attualmente, ad esempio, nelle grandi città soprattutto del nord Europa, si evidenzia sempre più frequentemente il passaggio da un organizzazione familiare mononucleare( la coppia genitoriale) a un organizzazione plurinucleare,( padri e madri separati, rispettivi conviventi e figli acquisiti), un grande cambiamento che incide nella struttura dei ruoli e nella distribuzione e gestione del potere, nella dinamica relazionale e affettiva,ecc. Un cambiamento che è sotto i nostri occhi, ma che non è stato sufficientemente analizzato. Nei processi migratori incontriamo diverse tipologie di famiglia, molteplici sono i percorsi di trasmigrazione familiare e le modalità di costruzione di nuovi nuclei familiari nell’immigrazione, ma resta la variabile che il nucleo familiare, in queste situazioni è sottoposto, obbligatoriamente e dall’esterno, a dinamiche di cambiamento accelerate. E trattandosi di cambiamenti che attengono alla sfera dei vissuti profondi, dei codici culturali interiorizzati, sono particolarmente sofferti e di difficile gestione. Schematizzando e purtroppo semplificando, rilevo che la persona migrante nella nuova realtà fa i conti con tre fondamentali variabili psicosociali: 1) la profonda interiorizzazione della dinamica relazionale e affettiva della famiglia che lo ha generato; 2) il forte condizionamento della famiglia di origine, un condizionamento che definirei “materiale”, strutturale. Per il migrante la famiglia di origine è risorsa, sicurezza affettiva e identitaria, un legame fondamentale per far fronte alla solitudine e alle durezza dell’impatto con la nuova realtà; ma frequentemente questo rapporto ha un costo elevato, il migrante, per poter garantire il sostentamento o il miglioramento delle condizioni di vita del nucleo d’origine, è costretto a lavorare duramente e alle peggiori condizioni. Inoltre la famiglia d’origine, a distanza, condiziona la vita di molti migranti, e mantiene un forte controllo sociale sulle scelte fondamentali! E’ fondamentale per noi operatori del sociale conoscere le modalità di strutturarsi della catena migratoria dei diversi gruppi di popolazioni migranti, nei suoi aspetti materiali, comunicativi, relazionali, oltre che di rappresentazioni; 3) quotidianamente il migrante si confronta conflittualmente con una differente organizzazione sociale e con nuovi modelli di comportamento delle famiglie nel paese di immigrazione. La diversità dalle rappresentazioni interiorizzate, e il difficile confronto con la nuova realtà, producono forti tensioni, frequentemente dolorose rotture, ma anche trasformazioni, e ricostruzioni. Sempre schematicamente, se proviamo a leggere i presupposti fondamentali su cui si fonda la nostra società rileviamo che l’epoca moderna ha svincolato l’individuo dalla sua appartenenza familiare, la nostra società produce prioritariamente individui, anche i figli sono individui, soggetti di diritti e contrattualità, definiti e regolati dallo stato; nella società occidentale odierna la famiglia è un articolazione dello stato e in ultima istanza, i figli appartengono allo stato sociale. Possiamo cogliere meglio questo processo quando la famiglia è in gravi difficoltà, in questa situazione si assiste all’intervento diretto dello stato sociale, attraverso le sue diverse articolazioni (l’istituzione scolastica, i servizi sociali e le agenzie collaterali, il tribunale). Nelle situazioni conflittuali, lo stato interviene pesantemente nella dinamica familiare e la determina ( con le decisioni di affidamento, di adozioni,ecc). I figli nella nostra società sono al centro delle relazioni familiari: il nostro sguardo è proiettato sui figli e sul futuro Ma se analizziamo le famiglie in altre società del sud del mondo, possiamo renderci conto che le strutture familiari sono totalmente diverse. In molte realtà del mondo africano, per esempio, la famiglia è una struttura larga e complessa, fondata sul lignaggio, ovvero un gruppo di filiazione, unito dalla discendenza da un antenato/a, che può raggruppare anche 100,200 persone. Ed in questa filiazione domina il legame di consanguineità. La famiglia è una struttura fortemente ruolizzata, la persona non è individuo ma parte di una comunità familiare, i compiti e le responsabilità familiari sono condivisi, protezione e controllo verso i figli è un compito primario della famiglia. Gli anziani, e in specifico la madre, il padre, mantengono un ruolo di potere gerarchico primario, indipendentemente dall’età dei figli, anche se a loro volta sono diventati genitori: la genitorialità è centrale non i figli, il nuovo nucleo familiare è solo un’articolazione della famiglia estesa. Lo sguardo quindi è rivolto verso il passato. Le tensioni, i conflitti, anche le separazioni, sono oggetto della contrattazione interna alla famiglia larga, il matrimonio è una unione tra gruppi familiari e la famiglia ha una totale autoreferenzialità rispetto allo stato. Negli attuali processi migratori le famiglie, le persone, immigrate da queste realtà, come ho già detto, portano interiorizzate queste strutture e modalità di interazione, e si portano dietro anche la pressione della famiglia d’origine. Ma nel confronto quotidiano con una realtà radicalmente diversa, sorgono i conflitti: a)anzitutto interni alla persona e poi al nucleo familiare, spesso dovuti ai cambiamenti di ruolo e di potere nella coppia, e tra genitori e figli. Ad esempio in molte famiglie rileviamo che le donne si emancipano, diventano il sostegno primario della famiglia, acquisiscono autonomia in molti campi, sostenute dall’ organizzazione della nuova realtà sociale, gli uomini frequentemente sono in perdita di ruolo sociale, senza lavoro o con lavori saltuari, i figli, scolarizzati, diventano in fretta più istruiti sulla nuova realtà, assumendo ruoli da intermediari, e mettendo in crisi ruoli, valori e tradizioni familiari. Veri e propri capolgimenti che incidono sulla rottura dell’involucro culturale, e possono mettere in crisi profondamente l’ identità delle persone. b) quando il conflitto cresce, e si esteriorizzano le tensioni, frequentemente, nasce lo scontro con le agenzie e le istituzioni dello stato sociale. Gli operatori sociali occidentali, non possedendo adeguati strumenti di lettura dei codici culturali altrui, spesso leggono e agiscono questi processi attraverso le proprie lenti culturali. Un effetto distorto di questi interventi è, per esempio, quello di annullare il processo di contrattazione familiare interno. La donna africana che chiede aiuto ai servizi, spesso usa le istituzioni come userebbe la madre, la suocera, più o meno consapevolmente chiede protezione, sostegno nella contrattazione con il marito, ma, spesso l’operatore non ha gli strumenti di lettura e di intervento per agire. Se il conflitto non tiene conto dei codici culturali interiorizzati dalle persone, rischia lacerazioni, degenerazioni, e sostituzionismi con effetto boomerang. Ad esempio, ho già avuto modo di rilevare che nei conflitti violenti di coppia, mentre i processi messi in atto dai servizi sociali portavano a denunce e separazioni giuridiche, la donna, che non aveva maturato personalmente quella strada, rientrava a casa. Per ciò che concerne i figli dei migranti che crescono nella nostra società, evidenzio che si trovano sospesi tra due mondi ( quello di appartenenza dei genitori e il nostro), due miti interiorizzati ed affettivamente significativi. E’ importante conoscere ed entrare in questa dinamica. Se il mondo d’origine dei genitori viene semplicemente sostituito e negato, si possono creare false emancipazioni dei ragazzi. Per ciò che concerne l’area dei modelli educativi e dei metodi di sanzionamento dei minori, mi è successo frequentemente di rilevare che il minore è attratto dai nostri costumi e li usa per proteggersi, ma nello stesso tempo ha interiorizzato i metodi genitoriali, e questo lo porta a svalutare di fatto le nostre pratiche e a invalidarle continuamente. I figli dei migranti hanno come fondamentale problema quello di radicarsi, di mettere radici in una realtà, sicuramente in quella in cui vivono, ma hanno bisogno di farlo senza rimuovere il confronto e la contrattazione con l’altra realtà interiorizzata, quella dei genitori, anche quando non ne sono consapevoli. E’ un passo necessario perché possano elaborare un proprio cammino.

Nella nostra realtà sempre più multiculturale, gli educatori, a vario titolo,sono chiamati a sostenere queste dinamiche, è pertanto fondamentale che acquisiscano nuovi strumenti di lettura per mettere in atto processi di mediazione interculturale nelle relazioni d’aiuto con minori, adolescenti, famiglie, processi che s’iscrivano in una dinamica di ricerca.

 

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