IAIP – Internacional Association of Individual Psychology

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23th Congress of the International Association of Individual Psychology
RICERCA-INTERVENTO CON ADOLESCENTI IN UN GRUPPO PARROCCHIALE
Ornella Dabbene Susanna Mori Marco Raviola LE PREMESSE Le riflessioni che intendiamo proporre nascono dall’attività dell’Associazione Pollicino, svolta in collaborazione con l’Istituto “Alfred Adler” di Torino, nell’ambito dell’età evolutiva. L’Associazione Pollicino, composta da psicologi, educatori ed operatori sociali, ha come propria mission il pensare nuovi modi di prendersi cura delle persone in un’ottica di lavoro di rete, di prevenzione del disagio e di promozione del benessere psicosociale dei minori e dei loro referenti educativi. Il lavoro si attua, oltre che sui singoli, anche nelle istituzioni nelle scuole, nelle associazioni, nelle parrocchie con il fine di promuovere e costruire e sostenere “ambienti educativi” che restituiscano potere agli individui, consentendone la piena realizzazione umana. La consolidata esperienza clinica dell’Istituto A. Adler, nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva, indica la necessità di un lavoro di rete e di attivazione di un ambiente educante, che diventa più urgente proprio con gli adolescenti. Il loro processo di formazione dell’identità richiede con maggior forza l’integrazione tra le diverse parti di sé e la realtà sociale di riferimento, una realtà che si amplia e si differenzia a seconda dell’evolvere del loro “spazio psicologico di libero movimento”. Nel territorio torinese è evidente l’importanza storica del contesto parrocchiale, inteso come uno dei possibili “luoghi educanti”. Il gruppo di adolescenti rappresenta una interessante proposta educativa: esso si propone come un luogo dove il ragazzo può trovare uno spazio di confronto e di rispecchiamento dei propri problemi, collocato in un ambito relativamente protetto – proprio del contesto parrocchiale- e garantito dalla presenza di giovani educatori che accompagnano gli adolescenti nel loro percorso di crescita. I gruppi di ragazzi, che si ritrovano settimanalmente, sono guidati da animatori, a loro volta coordinati dai sacerdoti. I preti si ritrovano così ad avere la responsabilità ultima nel compito arduo di educare ragazzi ed animatori, progettando e gestendo percorsi di crescita. LA RICERCA L’Associazione Pollicino ha realizzato nel 2004 una ricerca intervento sui gruppi parrocchiali di adolescenti con l’obiettivo di effettuare un’analisi del funzionamento dei gruppi, con l’intento di “mettere a fuoco” i significati attribuiti ad essi, le finalità e le motivazioni di coloro che ne fanno parte. Com’è percepita, l’esperienza del gruppo, da parte dei ragazzi? Quale ruolo svolge il gruppo nel loro percorso di crescita? Queste domande ci hanno accompagnato e guidato nel lavoro di ricerca, svolto in collaborazione con i responsabili del Centro per la Pastorale giovanile del quartiere Mirafiori Sud di Torino: Don Corrado Fazio e Suor Laura. La ricerca ha coinvolto circa 150 adolescenti, di età compresa tra i 14 ed i 19 anni, e circa 30 animatori di quattro parrocchie della zona di Mirafiori Sud. La metodologia è stata quella della “ricerca-intervento”. Gli animatori dei diversi gruppi sono stati coinvolti, oltre che nella fase di attuazione dell’indagine, anche in quella di pianificazione. Per questo i “veri ricercatori” sono stati gli animatori. La ricerca ha previsto nella prima fase l’analisi dei bisogni e la programmazione dell’intervento. E’ stata infatti organizzata una giornata di incontro con gli animatori, che ha consentito una prima raccolta e condivisione della “storia di ciascun gruppo”, utilizzando un questionario di raccolta dati. Inoltre, sono stati presentati e condivisi con gli animatori, gli obiettivi, i tempi e i modi di presentazione del lavoro ai gruppi. Nella fase centrale della ricerca si è svolta l’osservazione partecipante dei ragazzi. Il lavoro diretto con i gruppi è stato condotto facendo riferimento ai tre grandi nuclei formativi preesistenti, suddivisi in base all’età: post-cresima (ragazzi di 3 media e 1 superiore), under (2 e 3 superiore) e over (4 e 5 superiore). Sono stati fatti due incontri con ciascun gruppo: uno di conoscenza e di osservazione diretta di una “solita sera di gruppo” e una seconda serata di “restituzione” del lavoro svolto con il gruppo. La rielaborazione ha riguardato le rappresentazioni, i valori, le motivazioni e le criticità emerse ed osservate sia a livello individuale sia di gruppo, sia da parte dei ragazzi che degli animatori. Gli incontri con i gruppi sono stati condotti da due psicologi; questo ha permesso ad uno la conduzione dell’incontro e all’altro il lavoro di osservazione dell’ “oggetto – gruppo”. Il funzionamento del gruppo è stato osservato su diversi aspetti: livello verbale, clima relazionale ed emotivo, tipo di comunicazione, livello di rielaborazione e ruoli dei diversi membri. L’ultima fase della ricerca ha previsto nuovamente un lavoro di restituzione e di riflessione degli elementi emersi con gli animatori e con i responsabili. L’analisi dei dati è stata condotta sia a livello qualitativo che quantitativo. E’ stato analizzato il funzionamento generale di ciascun nucleo formativo differenziato per età. RISULTATI DELLA RICERCA I ragazzi si sono dimostrati molto disponibili ed interessati al lavoro proposto. Da uno sguardo d’insieme alla realtà dei gruppi parrocchiali di Mirafiori Sud emerge quella che potremmo definire una “Crisi di Identità”. I gruppi incontrati nel corso della ricerca sembrano gestiti in modo spontaneo, piuttosto che con un vero e proprio progetto educativo. Non è chiara la consapevolezza che il gruppo, in quanto entità vitale, ha un suo ciclo di vita che prevede la nascita, lo sviluppo e anche una fase di conclusione e di trasformazione. Non essendoci un progetto educativo chiaro e codificato, che stabilisca delle tappe di verifica e di passaggio ad esperienze diverse, nessuno pare osare parlare della conclusione delle attività di gruppo, per cui spesso le attività continuano per inerzia. Per alcuni ragazzi il gruppo viene considerato come un’attività comunque presente, a cui si può partecipare nei modi e nei tempi possibili a ciascuno: “come un posto di ritrovo, in cui, qualcuno, comunque, posso incontrare… come al bar.” L’esperienza del gruppo pare essere assimilata, nella percezione dei suoi partecipanti, ad altre esperienze aggregative con i coetanei, perdendo così la sua specifica valenza educativa. Eppure le premesse per un incontro significativo paiono esserci tutte: i ragazzi più giovani, all’inizio del loro percorso, esprimono infatti un’ aspettativa positiva nei confronti dell’esperienza, riponendo nel gruppo e nei loro giovani conduttori una speranza di crescita. Con il tempo però la percezione dell’esperienza cambia: la relazione tra i ragazzi e con i loro educatori tende a spegnersi gradualmente: si passa da una relazione calda, empatica e densa di promesse ad una relazione dove prevale il senso di stanchezza e di apatia. Il gruppo perde gradualmente i confini che lo caratterizzano, prevale un atteggiamento di apatia e di passività, fino a quando l’esperienza si esaurisce. Tanto i ragazzi quanto i loro educatori testimoniano una sensazione di sconcerto e di delusione, capiscono che qualcosa non ha funzionato, ma faticano a capire che cosa. La dimensione del potere sembra rappresentare l’elemento cardine che determina il successo o il fallimento della proposta educativa: un educatore consapevole del suo ruolo e della sua responsabilità può proporsi, senza confusioni, come punto di riferimento. Spaventati e impauriti dalla responsabilità, i giovani educatori eludono inconsapevolmente la richiesta di relazione educativa espressa in vario modo dai loro ragazzi. I ragazzi dal canto loro sembrano proprio desiderare figure di giovani adulti che sappiano proporsi come “potenti”, in grado cioè di proporsi in maniera attiva e propositiva nel difficile percorso di crescita e di conseguimento di una identità. Rifuggono invece dalla figura di educatore che tende a confondersi con il ragazzo, rinunciando a differenziarsi e ad esercitare il suo potere di adulto. RIFLESSIONI CONCLUSIVE I gruppi sono alla ricerca di un’identità, sono come “un personaggio in cerca d’autore” e questo autore è rappresentato dal gruppo in se stesso, ma soprattutto dall’animatore che ha un ruolo centrale in questo processo di ricerca, perché è suo il compito di strutturare un “contenitore”, intendendo con questo termine quello spazio fisico e mentale in cui possono nascere contenuti di crescita e di sviluppo. Coerentemente con i dati della ricerca svolta dall’Istituto Adler “Noi adulti nello sguardo degli adolescenti” si sottolinea il bisogno di adulti “capaci”. “Un adulto capace è un adulto che si muove liberamente in uno spazio mentale atto a contenere molte cose e persone… un adulto capace è proprietario di un territorio mentale che racchiude e accoglie, raccoglie e integra, scioglie le polarizzazioni e lascia incontrare le differenze, affronta ed elabora i problemi. Possiede e si prende cura di un territorio in cui c’è spazio per la paura, ma anche per il suo superamento. Occupa e si occupa di un territorio mentale che diventa laboratorio creativo, ideatore di progetti… costruttore di speranza”. (L’adulto svelato, G. Cappello, 2004) In questo caso noi diremmo: educatori capaci di rappresentare punti di riferimento validi e significativi; educatori consapevoli delle mete dei percorsi educativi e capaci di porsi come possibili “mediatori” nei confronti dei ragazzi, nel difficile passaggio all’età adulta, come modelli di riferimento per i processi di identificazione e di crescita. Per questo si è reso necessario a seguito della presente ricerca, la proposta di un percorso di formazione continua umana per gli animatori, volto a potenziare e favorire la consapevolezza di essere soggetti educanti, consapevoli delle mete dei percorsi educativi, capaci di trasmettere la centralità del sentimento sociale e della relazione che incoraggia e a sviluppare le caratteristiche di creatività e di individuazione del sé. Sempre con l’intento di lavorare per creare luoghi educanti capaci di promuovere e garantire il benessere dei propri membri e in cui ciascuno diventi “portatore di significato”. BIBLIOGRAFIA P. AMERIO, P. BOGGI CAVALLO, A. PALMONARI, M.L. POMBENI, Gruppi di adolescenti e processi di socializzazione, Il Mulino, Bologna, 1990; G. CAPPELLO, L’adulto svelato. Gli adolescenti guardano gli adulti. Franco Angeli, Milano, 2004; S.V. FINZI, A.M. BATTISTIN, L’età incerta, Mondadori, 2001; L.G. GRANDI, Dalla psicologia del conflitto alla psicologia del benessere, ne “Il Sagittario”, n°1 giugno 1997, AGE Reggio Emilia; B. REYMOND-RIVER, Lo sviluppo sociale del bambino e dell’adolescente, La nuova Italia, Perugia, 1986; D.W. WINNICOTT, Gioco e realtà, Armando Editore, Roma, 1974.

 

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