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“The value of research in the clinical-organizational dimension of public services”

Analysis of the results of the treatments of

Giovanni Galimberti

Andrea Piacentini

Biagio Sanfilippo

Via Aselli, 32 – 20133 Milano (Italy)

e-mail [email protected]

ABSTRACT

The public services which deal with issues characterized by chronicity often risk getting chronic themselves and losing sight of the meaning of them own work; in this way public services tend to flatten in positions of preservation without  working for further aims and achievements. The clinical experience in the treatment of  the alcohol abuse and dependence allowed us to notice that in the last few years the patients who take advantage of the alcoholic services have very different features from the past. In particular we point out the polyabuses and/or the polydependences and patients with SAMI (Substance Abuse and Mental Illness/ Psychiatric Comorbidity). Those new types of users require a review of the achievements of both the services and the individual operator about different matters (scientific knowledge of each professionalism, organization of the alcoholic service, its strategic position in the whole universe of public services). Even in our sphere the work “doesn’t respect the rules” and it’s not predetermined but, instead, it requires a different solution for each case, mostly when the needs and necessities to which we have to give effective therapeutical answers present an high variability and a great complexity and require many specializations. As a matter of fact, the multifactorial approach (a biological, psychological and social one) in diagnosing the desease caused by the use of substances requires  monitoring continuosly the concrete need of the patients and  adjusting the therapeutical and rehabilitational instruments of which the operators dispose.

This research inquires into those two ambits by a careful definition of the types of  users of four different alcoholic public services and by an evaluation of the adequacy of the treatments.

Introduzione

I Nuclei Operativi di Alcologia (NOA) sono nella Regione Lombardia i Servizi pubblici deputati alla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dell’alcolismo e operano all’interno del Dipartimento delle Dipendenze.

I Servizi che si occupano di problematiche , che hanno in sé le caratteristiche della cronicità, spesso rischiano di cronicizzarsi a loro volta e di perdere di vista il senso del proprio intervento, appiattendosi su posizioni di “mantenimento” senza più lavorare per obiettivi, come previsto per ogni buona pratica clinica. Tale atteggiamento espone a una serie di problemi, uno tra questi è quello di non misurare più il proprio lavoro, quindi non valutare in termini di efficacia i propri interventi. Ciò conduce all’autoreferenza che, oltre  a non permettere una crescita culturale degli operatori, fa perdere di vista i reali bisogni dell’utenza e la costruzione di innovative modalità di intervento che offrano sempre maggiori possibilità di cura ai pazienti. L’altro grave problema legato a questa criticità, o comunque alla carenza di analisi del proprio lavoro, è l’isolamento dal “mondo”, reso visibile dall’evitamento del confronto che rischia di mortificare la scientificità della nostra tipologia d’intervento. Di conseguenza i fenomeni di cambiamento che hanno caratterizzato il  nostro settore rischiano di essere subiti piuttosto che  studiati e anticipati. L’attenzione verso la clinica viene in parte sacrificata dagli aspetti gestionali ed economici che in  questi anni vengono posti come priorità assoluta  e condizionano pesantemente le risorse dedicate ai Servizi. Si profila la necessità  inderogabile di produrre dati e informazioni rispetto al proprio operare che oltre a essere un adempimento dovrà costituire l’occasione per ripensare il lavoro. Questa è stata l’esperienza degli operatori partecipanti al presente studio.

La pratica clinica del trattamento dell’abuso e della dipendenza da alcol ci ha permesso   di rilevare nel corso di questi ultimi anni che i pazienti afferenti ai servizi alcologici presentano caratteristiche significativamente diverse rispetto al passato. In particolare segnaliamo i poliabusatori e/o polidipendenti e i pazienti con comorbidità psichiatrica. Per questi ultimi   non è stato considerato il rapporto cronologico e clinico tra assunzione di alcolici e manifestazione psicopatologica.

Queste nuove tipologie di utenza, si è notato, richiedono, sempre più frequentemente, una rideterminazione degli obiettivi sia del Servizio che del singolo operatore su più dimensioni (sapere scientifico delle singole professionalità, organizzazione del Servizio, posizione strategica del Servizio nell’universo dei Servizi). Anche nel nostro ambito il lavoro non è “a norma”, predeterminato, ma anzi richiede una soluzione diversa per ogni caso, soprattutto quando, come oggi, i bisogni e le necessità a cui dare risposte terapeutiche efficaci presentano un’elevata variabilità e complessità e richiedono altrettante specializzazioni.

L’approccio multidimensionale (bio-psico-sociale) nel porre diagnosi di Disturbo da uso di sostanze in genere, infatti, richiede un costante monitoraggio di quelle che sono le necessità concrete dell’utenza e un adeguamento degli strumenti terapeutico-riabilitativi a disposizione degli operatori.

Questo lavoro di ricerca, che ha coinvolto quattro Nuclei Operativi di Alcologia (NOA), si propone di indagare entrambi questi due aspetti attraverso una puntuale definizione della tipologia dell’utenza che afferisce ai Servizi alcologici e valutando la congruità dei trattamenti.

 

 

Metodologia della ricerca

Lo studio include quattro N.O.A. e analizza tutti i nuovi utenti (1339) presentatisi nel periodo 01.01.1995 – 31.12.2001. L’osservazione si compone di due periodi,  il primo prende in considerazione i nuovi pazienti che si sono presentati ai servizi dallo  01.01.1995 al 31.12.1998 (714 pz.) con end-point al 31.12.2000, mentre il secondo periodo è compreso tra lo 01.01.1999 e il 31.12.2001 (625 pz.) con end-poin al 31.12.2003, ne consegue che il periodo di follow-up è diverso nei pazienti essendo compreso fra i due e al massimo i sei anni (prima osservazione: minimo due anni, massimo sei – seconda osservazione: minimo due anni, massimo cinque). I risultati ottenuti con il primo studio consigliavano di monitorare ulteriormente il fenomeno (tipologia dell’utenza, tipi di trattamento e suoi esiti) a fronte di una metodologia di intervento terapeutico-riabilitativo  sempre più rispondente ai bisogni dell’utenza. I dati che qui riportiamo riguardano essenzialmente l’intera popolazione dei 1339 utenti;  l’articolazione dello studio e la  numerosità del campione  ci ha permesso inoltre di confrontare sia i dati dei singoli servizi,   sia  il primo periodo di osservazione vs il secondo.    

Materiale

Si utilizza una scheda di rilevazione delle caratteristiche degli utenti e del loro follow up, dove oltre ai dati socio-anagrafici si raccolgono la diagnosi alcologica e psicopatologica secondo i criteri del DSM IV, le patologie organiche alcol-correlate, la modalità di presentazione, l’inizio,  la durata del trattamento e il suo esito (ancora in trattamento, perso di vista e trattamento completato) e infine il follow up trimestrale dalla presa in carico con annotati gli specifici trattamenti (medico/farmacologico, psicoterapeutico e di counseling e socio-riabilitativo).

Obiettivi  

  • rilevare, attraverso un’analisi descrittiva dei dati,  le caratteristiche    dell’utenza per valutare se e come cambia la tipologia di questi pazienti;

  • rilevare, sulla base di un modello logistico, i determinanti del rischio di abbandono a breve termine (prima dell’entrata in trattamento);

  • valutare, attraverso l’analisi della sopravvivenza, l’esito del trattamento per quei soggetti che hanno aderito al progetto terapeutico-riabilitativo proposto e/o concordato, in particolare evidenziando quelle variabili che sono risultate fortemente penalizzanti in termini di probabilità di adesione al programma (i predittori dell’insuccesso ossia dell’abbandono del trattamento);

  • individuare i rischi relativi di uscire dal trattamento, ottenuti sulla base del modello di Cox.

Caratteristiche socio-anagrafiche degli utenti

Le persone che hanno contattato i NOA di Sesto San Giovanni, Seregno, Vimercate e Gorgonzola nel periodo tra l’1/01/1995 e il 31/12/2001 sono state 1339. Il loro profilo medio  è di un individuo di circa 44 anni (più giovani gli uomini rispetto alle donne), di sesso maschile (75.1%), coniugato (48.5%), convivente con partner e/o figli (56.8%), con il titolo di scuola media inferiore (49.2%) e con occupazione stabile (54.4%) (Tab. 1).

L’invio al centro viene effettuato essenzialmente da un servizio sanitario e/o sociale, all’interno dell’altra quota di invianti spiccano i familiari e l’iniziativa personale. Più della metà dei pazienti sono accompagnati da un familiare o da un non familiare al primo colloquio; infine oltre un terzo degli utenti dichiara di non avere mai avuto esperienze pregresse e/o attuali di trattamento, una quota elevata riferisce di avere avuto un sola esperienza (tab. 2).

 Patologie alcol-correlate

Tra i pazienti il 24.5% dei casi non presenta alcuna patologia alcolcorrelata sia psichiatrica che organica, il 17.3% presenta solo patologie organiche, il 34.8%  solo psichiatriche ed infine il 23.4% entrambe. Nello specifico dai pazienti con patologie organiche (il 40.7% sulla totalità dei 1339 pazienti, si veda l’Appendice A) emerge che il 70.3% ne ha una sola (di cui il 74.7% riguarda l’apparato digerente); il restante 29.7% ha più di una patologia organica dove come prima e seconda troviamo ancora prevalentemente patologie dell’apparato digerente (rispettivamente l’84.0% come prima e il 36.4% come seconda). Riassumendo, la prevalenza di patologie organiche riguardante l’apparato digerente è risultata del 36.0% sul totale dei 1339 pazienti; ancora più nello specifico la prevalenza, sempre sul totale dei pazienti, di patologie epatiche è stata del 27.1%. I pazienti con cirrosi alcolica rappresentano il 9.9% del totale dei pazienti e il 24.2% di quelli con patologie organiche; i pz. con epatopatia rispettivamente il 17.2% e il 42.2%.

La percentuale di pazienti che presentano patologia psichiatrica è il 58.2%; entrando nel merito, è emerso che i disturbi di personalità  rappresentano il 23.7% della totalità dei pazienti e il 40.8% di coloro che soffrono di disturbi psichiatrici, i disturbi dell’umore il 22.0% e il 37.8%, i disturbi d’ansia l’ 8.8% e il 15.1%, i disturbi psicotici il 3.7% e il 6.3% (tab. 3).

Diagnosi alcologica

Per quanto concerne la  diagnosi alcologica  secondo i criteri del  DSM IV (tab. 4)  è emerso che il 26.4% dei pazienti ha ricevuto diagnosi di abuso di alcol, il 4.8% di dipendenza in remissione, il 3.6% di dipendenza lieve, il 15.5% di dipendenza moderata e il 49.7% di dipendenza grave.

Inoltre è stato rilevato che tipo di diagnosi alcologica hanno ricevuto i pazienti con patologie organiche; è emerso che il 22.6% degli abusatori, il 31.2% dei dipendenti lievi, il 42.2% dei dipendenti in remissione, il 36.2% dei dipendenti moderati e il 52.3% dei dipendenti gravi hanno patologie organiche, segno evidente che l’insorgenza di quest’ultime è fortemente legata a una dipendenza grave dall’alcol.

Per concludere questo approccio, da un punto di vista statistico, puramente descrittivo, abbiamo messo a confronto la diagnosi alcologica e l’avere una patologia psichiatrica; abbiamo rilevato che circa il 61% sia degli abusatori  e sia dei dipendenti gravi presentano disturbi psichiatrici.

Poliabuso, Polidipendenza

 Per quanto concerne il fenomeno del poliabuso e della polidipendenza dei pazienti (tab. 5), la scelta è stata quella di tener conto sia della loro situazione pregressa (antecedente il contatto con il servizio), che di quella attuale (dall’1/01/1995 al 31/12/2001), in quanto è sembrato importante andare a vedere chi era poliabusatore o polidipendente solo in passato e non nel presente e chi invece lo era nel passato è lo è ancora.

Queste considerazioni sono dovute principalmente al fatto che l’obiettivo principale dello studio è stato quella di valutare come e se si stia modificando la tipologia dell’utenza in un servizio alcologico, anche in relazione all’abuso di altre sostanze.

E’ risaputo, infatti, che buona parte degli ex-tossicodipendenti ricerca nell’alcol gli effetti che gli derivavano dall’uso di sostanze legali e/o illegali; in questi casi è riscontrabile un rapporto individuo-alcol più caratterizzato da aspetti tossicomanici rispetto a chi è sempre stato “solo” un alcolista.

Ci sono anche coloro che sono stati poliabusatori o polidipendenti in passato e che lo sono attualmente; questi pazienti rappresentano la tipologia di utenza più difficile da trattare e da tenere agganciata al servizio.

Situazione pregressa

Entrando nel merito dei dati rilevati (tab.5) emerge che il 25.0% dei pazienti presentava nella situazione antecedente il contatto con il servizio un disturbo di poliabuso o  polidipendenza da una o più sostanze; di questi quasi i 2/3 presenta allo stato attuale un comportamento d’abuso/dipendenza.

L’analisi dei dati ha consentito di dividere i poliabusotori o polidipendenti in pz. con diagnosi primaria (prevalenza di uso di sostanze legali e/o illegali + alcol) e in pz. con diagnosi secondaria (prevalenza di uso di alcol + sostanze legali e/o illegali).

Per quanto concerne quest’aspetto emerge chiaramente che laddove era riscontrata una diagnosi primaria prevale la dipendenza solo da oppiacei (43.1% dei casi), mentre per i pazienti con diagnosi secondaria la caratteristica saliente nel 24.2% dei casi era data dall’abuso solo di psicofarmaci, nel 19.2% dall’abuso solo di thc e nel 16.7% dall’abuso solo di stimolanti (tab. 6 e Appendice A).

Questo per dire che una diagnosi primaria era prevalentemente associata a un fenomeno importante quale la dipendenza da oppiacei, mentre la diagnosi secondaria era legata al più “ricorrente” e al meno stigmatizzato  degli abusi: quello di psicofarmaci.

Situazione attuale

Al momento dell’ingresso nel servizio (tab. 5 e Appendice A), i pazienti con poliabuso o polidipendenza sono il 16.5% sul totale dei 1339 pazienti; di questi,  l’ 87.8% è costituito dai poliabusatori (la prevalenza di thc è del 48.0%, quella di psicofarmaci è del 33.5%, quella di stimolanti è del 27.6%), e il restante 14.0% dai polidipendenti (le prevalenze più evidenti sono quella di oppiacei (8.1%), quella di psicofarmaci (4.5%) e quella di thc (4.1%)).

Di nuovo, a fronte di una diagnosi primaria (l’11.8% del totale dei poliabusatori o polidipendenti), nel 34.6% dei casi in primo piano c’è la dipendenza solo da oppiacei, mentre per i pazienti con diagnosi secondaria (il 88.2% del totale dei poliabusatori o polidipendenti) la caratteristica saliente nel 30.3% dei casi è data dall’abuso solo di thc, nel 26.1% dall’abuso solo di psicofarmaci e nel 12.3% dall’abuso solo di stimolanti.

E’ sembrato anche interessante andare a rilevare, proprio per il discorso fatto in precedenza, la numerosità di coloro che avevano e che hanno mantenuto un poliabuso o una polidipendenza; è emerso che il 96.4% dei poliabusatori o polidipendenti “attuali” lo erano anche in passato (per i pazienti con diagnosi secondaria questa è rimasta tale, per i pazienti con diagnosi primaria in un 1/3 dei casi la situazione è rimasta tale e nei rimanenti 2/3 la diagnosi è diventata secondaria), ossia il 63.6% dei poliabusatori o polidipendenti pregressi non ha interrotto, rispetto al periodo antecedente l’ingresso nel servizio, l’uso di sostanze legali e/o illegali.

Infine è stata rilevata l’età media dei pazienti poliabusatori o polidipendenti di/a una o più sostanze riscontrando un valore di 34.36 anni (di più di 9 anni inferiore alla età media generale), valore che scende ulteriormente a 32.66 (di 11 anni inferiore) limitando l’attenzione all’uso di sostanze illegali; questi dati sono un segno tangibile del fatto che l’uso di sostanze e in particolare di quelle illegali riguarda soggetti molto più giovani rispetto alla totalità dei pazienti (tab. 6).

Un’ulteriore analisi è stata quella di mettere a confronto i 249 pazienti per cui non è stato definito un programma di trattamento terapeutico-riabilitativo e i 1090 che vi hanno aderito, allo scopo di valutare l’esistenza di eventuali variabili maggiormente associate rispetto ad altre al fenomeno dell’entrata o della non entrata nel programma di trattamento. Attraverso l’utilizzo del test statistico esatto di Fisher sono emersi dati interessanti, che è possibile consultare più approfonditamente nelle tabelle in appendice. I pazienti portatori di entrambe le patologie associate, psichica e organica,  più facilmente entrano nei programmi di trattamento (il 90.4%) a differenza di coloro che non soffrono di nessuna delle due, che aderiscono per il 71.3% dei casi (tab. 1, 2 e 3). I pazienti con solo abuso/dipendenza da alcol presentano una quota di “persi di vista a breve termine” maggiore rispetto ai pazienti con associato uso di sostanze legali e non, sia esso pregresso (antecedente il contatto con i servizi) sia attuale (tab. 4).

I pazienti che presentano un più compromesso grado di funzionamento psichico più facilmente entrano nei programmi di trattamento (88.6%) (tab. 5).

In merito alla variabile della “diagnosi alcologica” risulta che meno facilmente entrano nei programmi di trattamento quei pazienti con diagnosi di dipendenza lieve (~ il 69%) (tab. 6). Lo scopo di arrivare a un modello di regressione logistico è quello di valutare l’esistenza o meno di un’associazione tra alcune variabili esplicative (controllate per l’effetto dell’influenza reciproca) e il fenomeno dell’aderire o non aderire al programma di trattamento. Il modello propone una variabile significativa, vale a dire patologie associate (denominata “Pat_ass”) che ci consente le seguenti considerazioni statisticamente significative (tab. 9):

Ø      per un paziente con nessuna patologia che aderisce al programma di trattamento propostogli, ci si aspetta quasi due pazienti con solo patologie psichiatriche che aderiscono

Ø      per un paziente con nessuna patologia che aderisce al programma di trattamento propostogli, ci si aspetta due pazienti con solo patologie organiche che aderiscono

Ø      per un paziente con nessuna patologia che aderisce al programma di trattamento propostogli, ci si aspetta più di quattro pazienti con sia patologie organiche che psichiatriche che aderiscono

Ø      per un paziente con solo patologie organiche o con solo patologie psichiatriche che aderisce al programma di trattamento propostogli, ci si aspetta più due pazienti con sia patologie psichiatriche che organiche  che aderiscono

I risultati che il modello finale propone sono certamente interessanti per le utili indicazioni inerenti all’organizzazione dei Servizi.

Emerge la necessità per i Servizi di acquisire tutti gli strumenti e le opportunità terapeutiche disponibili, oltre ad avere un’adeguata dotazione organica di personale, a perseguire una sempre maggiore integrazione nella rete dei servizi e un’incisiva azione riabilitativa.

Tabella 9 – Determinanti del rischio di abbandono a breve termine

 (Livelli della variabile dipendente: 0 entrati nel programma, 1 non entrati nel programma)

RR*

IC (95%)

P

Nessuna patologia (rif.)

Solo patologie organiche

Solo patologie psichiatriche

Entrambe

1.00

0.50

0.52

0.23

0.33-0.76

0.37-0.73

0.15-0.37

0.0013

0.0002